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Il Flauto di Matteo La Spada e la Chitarra di Francesco Romeo, risvegliano le Corde del Sud

Romeo-La Spada
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Un immersione totale e spontanea in quella dorata tradizione che è l’arte musicale cameratistica, all’interno della quale anche un fiume in piena dinamica orchestrale, può incanalarsi, negli affluenti più diretti dell’anima e sublimare la nascita di nuovi corsi tutti originati da una sola stirpe sonora.

Quando poi l’ eco di tanta pace sonora si insinua voluttuoso negli ampi saloni di Palazzo de Nobili, tutto ha un atmosfera ancora più esoterica, fino all’ eterna catarsi dell’ uomo in seno al suo suono.

Il richiamo alla tradizione concertistica è stato riproposto nelle splendide esecuzioni neoclassiche del Duo per Flauto e Chitarra “La Spada-Romeo”, in occasione del 3° appuntamento della stagione concertistica “Corde del Sud”, la manifestazione nata dalla collaborazione del P.E.I.L.F. e Francesco Menniti direttore della Scuola di Musica Leonard Bernstein di Guardavalle Marina, sotto la direzione artistica di Andrea Lanzellotti.

La splendida cornice della Sala Concerti di Palazzo De Nobili, tra i ritratti dei grandi nomi della città e il pianoforte che un tempo fu “aggredito” da Mr. Shine David Helfgott in persona, ha fatto da teatro per un semplice e colorito pomeriggio all’insegna della grande musica, donata a quattro mani da due giovani e accreditati interpreti del settore, che già dalla provenienza geografica rappresentano un ponte melodico naturale tra centro e sud Italia. Matteo La Spada è nato a Roma dove ha studiato il Flauto traverso al Conservatorio di “Santa Cecilia”, per poi perfezionarsi in altri eccellenti istituti come il Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia e il “S. Giacomantonio” di Cosenza. Un lungo iter formativo che gli aperto le strade di una brillante carriera musicale insieme all’Orchestra Lirico-Sinfonica di Roma, del “Santa Cecilia” , fino alle collaborazioni musicale con SKY e la Casa Discografica TEM.

Francesco Romeo invece è di Rossano (CS) e dopo aver conseguito il diploma di Chitarra presso il Conservatorio di Musica “F. Torrefranca” di Vibo Valentia, perefezionando la sua tecnica con alcuni dei più grandi maestri delle sei corde, fra i quali Roland Dyens e Maurizio Colonna, per poi partecipare ai festival più importanti d’Europa.

Due nomi di tutti rispetto che non hanno avuto certo difficoltà nell’avvolgere il pubblico presente, nel magico velo onirico di alcune delle più grandi composizioni per chitarra e flauto, ma anche di esplorare i territori più ostici della tradizione neoclassica, fino a sconfinare nella grande tradizione lirica italiana.

E così che il dolce e delicato Adagio di Mauro Giuliani, prende il suo elegante attacco, come per risvegliare i sensi ancora un po sopiti dal letargo invernale, propria della primavera, per poi riversare tessuto melodico nei prati più rigogliosi di un anima ora serena ora tormentata come la descrivono, bene i ritardi melodici, le variazione diatoniche e la fantasia degli intervalli del successivo Grand duo Concertant, saltellando ritmicamente dall’Allegro maestoso, all’andante sostenuto, fino all’espressività più accattivante dello “Scherzo”. Dal classicismo eccoli addentrarsi nei territori più complessi del romanticismo ottocentesco, in quel regno profondo e tormentato delle fantasie vibranti di Frédéric Chopin, dove i musicisti attraversano alcuni dei sentieri più difficili della musica classica, nei quali oltre alla forte componente ritmica e armonica della scuola russa e polacca, vi è anche la ricerca stilistica del canto polifonico e della melodia che è tipica del settecento. Da questo connubio nascono le Variazioni sull’Aria “Non più mesta”, tratta da La Cenerentola Di Gioacchino Rossini, reinterpretate magistralmente sul flauto e sulla chitarra. Da questo punto in poi lo spettacolo prende il corso già definito all’inizio, dove le variazioni sinfoniche diventano linguaggio per le voci dei due strumenti; dalla “Fantasia” di Ferdinando Carulli, liberamente basata sull’opera “Il Pirata” di Vincenzo Bellini.

Il viaggio nei territori cordofoni e aerofoni prosegue con la scrittura contrappuntistica, la ritmica molto articolata di Jaque Ibert e la sua “Entr’Acte”, fulgido esempio di cromatismo musicale, dai colori particolarmente stravinskijani.

Ancora un’ Aria per Chitarra, la N°1 in La Minore di Francis Kleynjans, per poi chiudere con la tradizione immortale del Bel Canto all’Italiana, trasferito a Siviglia, dove sembra quasi sentire da lontano Rosina intonare, la sua Cavatina, dal titolo “Una voce poco fa”, e anche in questa occasione essa risuona nel cuore di tutti, come nel cuore della musica.

Una bella occasione per ascoltare due straordinari interpreti, concentrare nell’ambito di due sole voci, la ricchezza infinita di questi capolavori dell’arte musicale, patrimonio immutabile e indistruttibile dell’umanità.

Scritto da Fausto Bisantis su www.ondacalabra.it